Mediazione: l’eccezione per l’improcedibilità solo in primo grado

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Mediazione: l’eccezione per l’improcedibilità solo in primo grado
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Mediazione: l’eccezione per l’improcedibilità solo in primo grado

Con l’ordinanza n. 5474 del 1° marzo 2025, la Corte di Cassazione – Sezione Seconda – ha ribadito un principio di diritto già presente nella giurisprudenza di legittimità, ma che assume oggi nuova rilevanza alla luce della riforma Cartabia: nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria, l’eccezione di improcedibilità per mancato esperimento della procedura non può essere proposta in appello, ma esclusivamente in primo grado, entro e non oltre la prima udienza.

Il caso affrontato dalla Corte riguardava una controversia ereditaria, materia rientrante tra quelle per cui l’art. 5, comma 1 del D.lgs. 28/2010 impone il previo tentativo di mediazione come condizione di procedibilità. La parte convenuta non aveva sollevato l’eccezione nel primo grado del giudizio, né il giudice l’aveva rilevata d’ufficio. In appello, la deducente ha cercato di rimettere in discussione la validità del processo sulla base dell’originaria omissione della mediazione.

La Suprema Corte ha però confermato che, secondo il novellato art. 5, comma 2 del D.lgs. 28/2010, l’eccezione deve essere sollevata – “a pena di decadenza” – dal convenuto o rilevata dal giudice esclusivamente entro la prima udienza del primo grado. Una volta decorso quel termine, la sanzione dell’improcedibilità resta preclusa.

La distinzione tra le due forme di mediazione “delegate” diviene qui centrale. La cosiddetta mediazione delegata impropria – in cui il giudice dispone l’invio in mediazione perché la procedura obbligatoria non è stata attivata prima dell’inizio del giudizio – può essere disposta solo entro la prima udienza del primo grado. La mancata attivazione o rilevazione in quella fase impedisce ogni successiva eccezione.

Diverso, invece, il regime della mediazione delegata propria, disciplinata dal nuovo art. 5-quater introdotto con la riforma Cartabia. Questa forma di mediazione può essere disposta con ordinanza motivata dal giudice anche in appello, qualora questi, sulla base di un giudizio discrezionale, ritenga che sussistano presupposti di mediabilità: la natura della causa, lo stato dell’istruzione, il comportamento delle parti e altre circostanze rilevanti. Tuttavia, si tratta di una facoltà e non di un obbligo di legge, neppure nelle materie di mediazione obbligatoria. La pronuncia del 2019 (Sez. 3, n. 4843 del 19 febbraio 2019), richiamata nell’ordinanza, aveva già affermato che nel giudizio d’appello la mediazione può essere disposta solo in via discrezionale, mai imposta come condizione processuale inderogabile.

Nel caso in esame, la Cassazione ha confermato che il giudice d’appello non era tenuto a disporre la mediazione, trattandosi di un’ipotesi in cui l’improcedibilità non era stata tempestivamente rilevata nel primo grado. La facoltà di inviare le parti in mediazione sarebbe potuta essere esercitata solo come mediazione delegata propria ex art. 5-quater, ma appunto come potere discrezionale del giudice e non come adempimento processuale obbligatorio.

Questa impostazione si inserisce nel più ampio contesto della crescente valorizzazione della mediazione giudiziale, anche nei giudizi pendenti. Sempre più tribunali italiani, infatti, stanno adottando protocolli di intesa tra magistratura, ordini professionali e università per incentivare l’uso della mediazione come strumento complementare – e non alternativo – alla giurisdizione. L’esperimento di mediazione, in particolare quando delegato ex art. 5-quater, non viene più percepito come un semplice meccanismo di degiurisdizionalizzazione, bensì come un metodo alternativo e sostenibile di gestione del conflitto, capace di responsabilizzare le parti e favorire soluzioni condivise, in linea con i valori di efficienza, autodeterminazione e deflazione del contenzioso.

In definitiva, la pronuncia n. 5474/2025 non solo chiarisce i limiti temporali e processuali dell’eccezione di improcedibilità, ma segna anche un ulteriore passo verso l’affermazione di una cultura giuridica della mediazione matura, consapevole e integrata nel sistema giudiziario.

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