Mediazione civile: le conseguenze della mancata partecipazione

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Mediazione civile: le conseguenze della mancata partecipazione
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Mediazione civile: le conseguenze della mancata partecipazione

A più di un anno dall’entrata in vigore della Riforma Cartabia, che ha puntato con decisione a incentivare il ricorso agli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie – in particolare alla mediazione – la giurisprudenza di merito ha iniziato ad applicare con sempre maggiore frequenza le sanzioni previste per scoraggiare la mancata adesione al procedimento.

Il fulcro del nuovo apparato sanzionatorio è l’art. 12 bis del Decreto Legislativo 4 marzo 2010 n. 28, rubricato “Conseguenze processuali della mancata partecipazione al procedimento di mediazione”. La norma, introdotta dall’art. 7 comma 1 lett. p del D.lgs 10 ottobre 2022 n. 149 e poi modificata, a distanza di due anni, dall’art. 1 comma 1 lett. n del D.lgs 27 dicembre 2024 n. 216, ha rafforzato in modo significativo gli strumenti contro le condotte ostruzionistiche verso la mediazione.

L’art. 12 bis prevede tre ordini di conseguenze per la parte che, senza giustificato motivo, non partecipa al primo incontro di mediazione. In primo luogo, la mancata partecipazione può essere valutata dal giudice per desumere argomenti di prova nel successivo giudizio, ai sensi dell’art. 116 comma 2 c.p.c. In secondo luogo, quando la mediazione è condizione di procedibilità, il giudice deve condannare la parte costituita che non vi ha preso parte a versare all’entrata del bilancio dello Stato una somma corrispondente al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio. Infine, sempre in caso di mediazione obbligatoria e solo su domanda della controparte, il giudice può condannare la parte soccombente che non ha partecipato al primo incontro al pagamento di una somma equitativamente determinata, in misura non superiore alle spese del giudizio maturate dopo la conclusione del procedimento di mediazione.

Nella pratica applicazione da parte dei tribunali, la sanzione più utilizzata è proprio quella a favore dello Stato, mentre risultano più rare le pronunce che dispongono il pagamento di una somma equitativa a favore della controparte. La differenza risiede nei presupposti: la condanna verso l’erario discende dalla mera condotta di mancata partecipazione, mentre quella verso la parte avversa richiede anche la soccombenza.

Su questo punto interviene in modo particolarmente chiaro il Tribunale di Torino, con la sentenza 5 maggio 2025 n. 2181, resa in un caso di mediazione obbligatoria in materia di successioni. Una delle parti aveva giustificato la mancata comparizione in mediazione invocando l’età avanzata e lo stato di malattia. Il tribunale, tuttavia, non ha ritenuto motivata l’assenza, sia perché le condizioni di salute non erano state documentate, sia perché sarebbe stata comunque sufficiente, per evitare l’assenza, la partecipazione del difensore munito di apposita procura. Nella motivazione, il giudice sottolinea che la sanzione al pagamento della somma verso l’erario “discende dalla mera condotta consistita nella mancata partecipazione alla mediazione, a prescindere dalla soccombenza”, distinguendola dalla condanna in favore della controparte, che implica invece anche la soccombenza. Inoltre, la prima – a differenza della seconda – deve essere applicata dal giudice al ricorrere dei presupposti normativi, senza margini di discrezionalità, mentre per la condanna del soccombente è prevista una valutazione discrezionale.

Un raro esempio di applicazione congiunta delle due sanzioni si rinviene nella sentenza del Tribunale di Arezzo 11 dicembre 2024 n. 1051. In quel caso, per la mancata partecipazione alla mediazione obbligatoria è stata disposta sia la condanna al pagamento all’erario del doppio del contributo unificato, sia la condanna alla refusione, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata in 500 euro.

Un’ulteriore e importante precisazione sul valore delle sanzioni previste dall’art. 12 bis arriva dal Tribunale di Trani, con la sentenza 19 giugno 2025 n. 651. Secondo il giudice pugliese, la norma rappresenta la puntuale applicazione del principio per cui la mediazione, quando costituisce condizione di procedibilità, “viene considerata un vero e proprio dovere imposto dalla legge su ciascuna parte nei confronti dell’altra ed altresì nei confronti dello Stato”. Nel caso concreto, è stato condannato al pagamento della sanzione verso lo Stato un amministratore di condominio che non aveva partecipato alla mediazione senza giustificato motivo, provocando il fallimento della possibilità conciliativa. La stessa sentenza, invece, non ha disposto la condanna al pagamento di somme verso la controparte, nonostante l’esplicita richiesta, perché all’esito del giudizio non vi era stata una soccombenza piena del condominio, ma soltanto parziale.

In questo quadro, mediare non può più essere considerato una semplice opzione. Alla luce del mutato approccio culturale alla giustizia, il diritto di difendersi sembra oggi includere anche lo sforzo del titolare del diritto di tentare seriamente un passaggio di comprensione e di accordo con la parte avversa, prima di rivolgersi al giudice per ottenere una decisione sulla controversia.

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