Commercialisti: favorire l’utilizzo della mediazione in un più materie

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Commercialisti: favorire l’utilizzo della mediazione in un più materie
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Commercialisti: favorire l’utilizzo della mediazione in un più materie

Un recente articolo a firma di Stefania Pieroni, già pubblicato su Press – la testata ufficiale del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili – (leggi qui) mette in luce come il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) abbia presentato una proposta al Ministero della Giustizia con l’obiettivo di estendere l’uso della mediazione civile e commerciale anche a materie finora escluse, chiedendo modifiche al Decreto legislativo 28/2010, già novellato dalla riforma “Cartabia” e dal Decreto legislativo 216/2024.

Proposta e contesto

La proposta è stata inviata all’inizio di agosto all’Ufficio legislativo del Ministero della Giustizia: il CNDCEC propone di modificare il D.Lgs. 28/2010 — che disciplina la mediazione come strumento alternativo alla giustizia ordinaria — al fine di ampliare le materie soggette a mediazione obbligatoria o demandata dal giudice. L’iniziativa si inserisce nel più vasto progetto di rispettare gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) nel settore giustizia, tra cui ridurre del 40 % la durata media dei processi e del 90 % il numero dei contenziosi civili pendenti entro giugno 2026, sebbene un possibile slittamento sia già considerato.

Materie oggetto di estensione

La proposta contiene una lista precisa di materie che potrebbero entrare sotto l’ombrello della mediazione quale condizione di procedibilità o demandata dal giudice. Tra queste vi sono la responsabilità extracontrattuale, i contratti e le obbligazioni relativi a diritti disponibili, in particolare per quanto riguarda l’esecuzione, la risoluzione, l’invalidità e l’inadempimento.Rientrano inoltre i contratti di appalti pubblici, anche qui con l’avvertenza che si tratterebbe di mediazione in alternatività rispetto a strumenti già previsti da leggi speciali.

Impatto stimato

Secondo le stime contenute nella proposta, l’ampliamento potrebbe far aumentare il numero di procedure di mediazione da circa 170.000 attuali a circa 220.000 all’anno, un incremento stimato intorno al 30 %. La logica sottesa è chiara: rendere la mediazione un elemento ordinario del sistema della giustizia civile, non solo una “porta d’ingresso” ma un vero e proprio strumento sistemico per alleggerire il carico dei tribunali, accelerare i tempi e promuovere una cultura della composizione del conflitto.

Questioni da affrontare

L’iniziativa del CNDCEC solleva però alcuni punti critici che meritano attenzione. Il primo riguarda il confine tra materie privatistiche e pubblicistiche: l’estensione agli appalti pubblici, pur in «alternatività» rispetto a strumenti speciali, richiede una tutela delicata dei principi del diritto amministrativo e della disciplina degli appalti. Il secondo punto concerne la qualità delle mediazioni: aumentare i volumi senza garantire che la mediazione sia effettiva e non solo una formalità richiede organismi adeguati, mediatori specialisti e procedure disciplinate. Un’altra questione è legata alle tempistiche e alle infrastrutture: se l’obiettivo è conseguire i target PNRR, serve che le strutture, i registri e gli organismi di mediazione siano pronti e funzionanti, altrimenti il rischio è che l’ampliamento rimanga solo sulla carta. Infine, va chiarito il coordinamento tra strumenti ADR: occorre definire la compatibilità della mediazione ampliata con negoziazione assistita, arbitrato e altri strumenti alternativi alla giustizia ordinaria, per evitare sovrapposizioni o conflitti di rito. La proposta del CNDCEC può, dunque, rappresentare una svolta significativa per il mondo delle ADR in Italia. Ampliando il ventaglio delle materie nelle quali la mediazione può operare, si punta infatti a un cambio di paradigma, da rimedio straordinario a metodo ordinario di risoluzione delle controversie.

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