Conciliazione ex art. 185-bis c.p.c.: sentenza ribadisce obbligo delle parti di chiarire la propria posizione

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Conciliazione ex art. 185-bis c.p.c.: sentenza ribadisce obbligo delle parti di chiarire la propria posizione
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Conciliazione ex art. 185-bis c.p.c.: sentenza ribadisce obbligo delle parti di chiarire la propria posizione

Il Tribunale di Salerno, con la sentenza n. 1548/2025, ha offerto un chiarimento di rilievo in materia di conciliazione giudiziale ex art. 185-bis del codice di procedura civile, ribadendo l’obbligo per le parti non soltanto di esaminare con scrupolo la proposta conciliativa formulata dal giudice, ma anche di attivarsi in modo costruttivo per discutere, dialogare e chiarire in modo espresso la propria posizione nel caso in cui non si giunga a un accordo.

La vicenda trae origine da un contratto d’opera professionale che ha portato un dottore a citare in giudizio due soggetti, chiedendo al tribunale di accertare la validità dell’incarico e di riconoscere il suo diritto di credito per un importo pari a 79.035,80 euro. La domanda includeva anche la richiesta di condanna dei convenuti, in solido, al pagamento della somma. Le controparti si sono opposte all’atto introduttivo e alla documentazione allegata, eccependo l’invalidità dell’incarico e della pattuizione del compenso. Tra le contestazioni sollevate, vi erano il presunto divieto del patto, il vizio del consenso, l’eccessiva onerosità e, in via generale, l’infondatezza della domanda.

Nel corso del procedimento, il giudice ha esercitato il potere riconosciutogli dall’articolo 185 c.p.c., formulando una proposta conciliativa. L’accordo suggerito prevedeva il pagamento di 79.000 euro a titolo di compensi professionali e di 4.000 euro per spese legali. L’attore, interpellato sulla proposta, si è dichiarato disposto ad accettarla, subordinando però la propria adesione all’applicazione dell’IVA sugli importi concordati. Tale condizione non è stata recepita in una successiva proposta conciliativa, con la conseguenza che la conciliazione non si è perfezionata. La causa è stata dunque rinviata alle conclusioni.

Nella sentenza il giudice ha osservato che, in assenza di una effettiva accettazione della proposta così come formulata, non si potesse ritenere concluso un accordo conciliativo. L’adesione dell’attore, condizionata all’aggiunta dell’IVA, non ha infatti coinciso con i termini originari dell’offerta e, per tale ragione, non poteva considerarsi valida l’adesione successiva dei convenuti, espressa nella comparsa conclusionale, in riferimento a una proposta ormai non più attuale.

L’autorità giudiziaria ha dunque richiamato l’importanza dell’articolo 185-bis c.p.c., il quale fonda la proposta conciliativa sull’esame del materiale istruttorio da parte del giudice che, qualora l’accordo non venga raggiunto, sarà chiamato a decidere la causa con sentenza. In questo quadro normativo, le parti hanno il dovere di prendere in considerazione con diligenza la proposta, instaurando un dialogo effettivo e manifestando in maniera esplicita e chiara le proprie posizioni. Il giudice ha inoltre sottolineato che la mancata adesione alla proposta conciliativa, se priva di giustificazione, potrebbe comportare conseguenze ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., che disciplina la responsabilità processuale aggravata.

Tuttavia, nel caso in esame, l’attore, pur rifiutando l’accordo nei termini originari, ha spiegato in maniera dettagliata le ragioni del suo mancato consenso, indicando la necessità di applicare l’IVA agli importi proposti. Questa esplicitazione ha consentito al tribunale di ritenere che non sussistessero i presupposti per applicare le sanzioni previste dall’articolo 96. La motivazione addotta dall’attore ha infatti escluso un comportamento meramente ostruzionistico o dilatorio, rispondendo invece al dovere di chiarire la propria posizione, come richiesto dalla normativa in tema di conciliazione.

Con la decisione n. 1548/2025, il Tribunale di Salerno ribadisce dunque un principio di grande rilevanza pratica: la conciliazione giudiziale non si esaurisce in una semplice adesione o rifiuto della proposta formulata dal giudice, ma richiede che le parti affrontino il contenuto della proposta in modo attivo, instaurando un confronto effettivo e chiarendo le ragioni che impediscono l’accordo. In questo modo viene valorizzata la funzione deflattiva dell’istituto previsto dall’art. 185-bis c.p.c., garantendo che, anche in caso di mancato accordo, emerga comunque con chiarezza la posizione di ciascuna parte in vista della decisione finale.

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