Conciliazione a carico dell’utente finale per gas e energia

  • Home
  • /
  • Notizie
  • /
  • Conciliazione a carico dell’utente finale per gas e energia
Conciliazione a carico dell’utente finale per gas e energia
Notizie
Conciliazione a carico dell’utente finale per gas e energia

Con l’ordinanza n. 1498 del 21 gennaio 2025, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione è intervenuta con una pronuncia destinata a fare scuola nel settore della risoluzione extragiudiziale delle controversie. La questione, centrale nel panorama della mediazione civile e commerciale dopo la Riforma Cartabia, riguarda l’individuazione della parte processuale su cui ricade l’onere di attivare la procedura di conciliazione nelle controversie relative ai servizi di fornitura di energia elettrica e gas.

Il nodo interpretativo nasceva dall’applicazione combinata del nuovo impianto normativo delineato dal D. Lgs. n. 149/2022 e delle disposizioni del Testo Integrato Conciliazione (TICO), introdotto con delibera n. 209/2016 dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA). L’incertezza si era intensificata negli ultimi due anni, con talune pronunce di merito che sembravano sposare l’orientamento secondo cui, nelle opposizioni a decreto ingiuntivo, l’onere della mediazione sarebbe gravato sul creditore opposto – in quanto attore sostanziale – secondo l’art. 5 del D. Lgs. 28/2010 e il principio affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 19596 del 2020.

La Cassazione ha però posto un punto fermo, chiarendo che nelle controversie relative alla fornitura di energia e gas non si applica il meccanismo di mediazione previsto dal D. Lgs. 28/2010, bensì il regime speciale del TICO. Pertanto, è l’utente finale – ovvero il cliente che contesta la fondatezza del credito – a dover attivare la procedura di conciliazione. In caso di opposizione a decreto ingiuntivo, non spetta dunque al gestore l’iniziativa di conciliazione, bensì alla parte opponente, che ha l’interesse a introdurre un giudizio a cognizione piena.

Il ragionamento della Corte si fonda sulla natura stessa del decreto ingiuntivo, il quale, in assenza di opposizione, diviene titolo esecutivo definitivo. Ne consegue che è l’opponente – e non l’opposto – a sollecitare l’intervento del giudice, assumendo così l’onere di attivare il tentativo obbligatorio di conciliazione. A ulteriore conferma di tale impostazione, la Cassazione ha ribadito l’inapplicabilità del principio delle Sezioni Unite del 2020 ai settori regolati da normative settoriali specifiche, quali energia e telecomunicazioni, per i quali vige una disciplina autonoma delle ADR.

Degna di nota è anche la precisazione procedurale contenuta nella parte conclusiva della decisione: l’eventuale introduzione di un giudizio senza previo esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione rende la domanda improcedibile. Tuttavia, il giudice non potrà limitarsi a dichiarare l’improcedibilità in rito, bensì dovrà sospendere il processo, concedendo un termine per la regolarizzazione della condizione di procedibilità mediante l’attivazione della procedura conciliativa, facendo salvi gli effetti sostanziali della domanda.

La pronuncia della Suprema Corte conferisce dunque un’interpretazione sistematica e coerente che distingue nettamente tra mediazione generalista e strumenti conciliativi settoriali, riconducendo l’onere procedurale al soggetto che intende effettivamente introdurre il giudizio di merito. Un chiarimento che non solo risolve un importante contrasto interpretativo, ma rafforza anche il ruolo della conciliazione quale filtro effettivo e non meramente formale per l’accesso alla giustizia in ambito energetico.

Inoltre, il rapporto tra mediazione quale strumento ADR di tipo generale e gli strumenti conciliativi settoriali renderà necessario procedere all’elaborazione del Testo Unico degli Strumenti Complementari che la Riforma Cartabia aveva previsto dovesse essere adottato al termine del monitoraggio quinquennale sugli effetti della riforma.

Precedente
Successivo